lunedì 18 aprile 2011

L’Unione europea e l’immigrazione




Le cronache di questi ultimi giorni hanno messo al centro dell’attenzione di tutti gli europei la questione dell’immigrazione. Lo stravolgimento dello scenario mediterraneo, con particolare riguardo ai paesi del Nord Africa, ha innescato una nuova ondata di migranti che stanno raggiungendo le nostre coste.

Prima di ragionare su quanto sta avvenendo, è bene fare un passo indietro e guardare in generale le questioni immigrazione, libera circolazione e soggiorno negli Stati membri dell’Unione europea.
Innanzitutto l’UE è competente a stabilire regole per la libera circolazione (possibilità per le persone di muoversi ed abitare in un Paese dell’UE) riguardanti persone aventi la cittadinanza di uno Stato membro dell’UE e i parenti di questi, anche se non hanno la cittadinanza di uno Stato UE ma terzo (es. Stati Uniti, Marocco, Turchia, Cina). Un cittadino di uno Stato UE ha diritto a viaggiare e soggiornare in tutti gli Stati dell’Unione e con lui il suo nucleo familiare, quale che sia la cittadinanza dei parenti. Immaginiamo per es. una cittadina italiana, sposata con un cittadino russo, a cui viene offerto un lavoro in Francia. Ebbene, lei potrà andare a vivere in Francia senza che la Francia possa impedirglielo e portare con sé il marito anche se non è cittadino di uno Stato dell’UE. Altro esempio: immaginiamo un tunisino che è in Europa da molto e che è diventato cittadino inglese, suo fratello potrà entrare in Inghilterra in quanto parente di un cittadino dell’UE. In questi due casi i parenti stranieri dei cittadini dell’UE hanno una specie di “diritto automatico” al permesso di soggiorno.

Discorso diverso si fa per i cittadini di Paesi terzi alla UE che non hanno parenti che sono cittadini della UE. In questo caso la competenza non è dell’UE ma degli Stati membri. Sono infatti gli Stati a dare il famoso permesso di soggiorno ossia un documento che permette ad un cittadino straniero (non europeo) di stare in Europa legalmente. Solo se il soggiorno in Europa sarà molto lungo vi sarà competenza dell’UE. Altrimenti in questo ambito, l’UE può al massimo stabilire delle regole comuni ai Paesi membri per definire quali requisiti deve avere un cittadino non europeo, col permesso di soggiorno, per varcare il confine dello Stato che gli ha dato il permesso. Anche qui sarà utile un esempio. Immaginiamo un cittadino del Senegal, il quale non ha parenti cittadini UE, che riceve il permesso di soggiorno in Italia e vuole andare a cercare lavoro in Germania. Affinché possa far ciò deve avere una serie di requisiti stabiliti da un regolamento (una “legge”) dell’UE, altrimenti è destinato a rimanere in Italia.

Ora possiamo parlare di quel che sta succedendo in questi giorni. Dalla lettura di quanto sopra abbiamo capito che dobbiamo fare una distinzione fra i migranti che stanno arrivando sulle nostre coste. Da una parte quelli che hanno parenti che sono cittadini dell’UE, i quali hanno diritto a raggiungere la loro famiglia (diritto al ricongiungimento familiare e quindi “diritto automatico” al permesso di soggiorno). Dall’altra quei migranti che non hanno parenti cittadini UE e che per restare in Europa devono chiedere un permesso di soggiorno, e di questi ci interesseremo.

Il Governo italiano sostiene di aver dato un permesso di soggiorno ai migranti che sono arrivati da gennaio ad aprile in Italia per motivi umanitari in quanto la situazione sociale del Nord Africa è particolarmente grave. Questo tipo di permesso è previsto dalle norme dell’UE come permesso speciale che deroga a tutti i requisiti (es. reddito minimo) che richiede il diritto dell’UE per ottenere un permesso “ordinario”. Perciò può essere dato a chiunque, indipendentemente dalle condizioni economiche o di salute dei migranti. E infatti nostro Governo lo ha dato indistintamente a tutti quelli arrivati in Italia in modo irregolare da gennaio ad oggi. Questo permesso, per il Governo italiano, non solo garantisce a queste persone il legale soggiorno in Italia, ma anche la possibilità di varcare il confine italiano per poter raggiungere gli altri Paesi europei, come per esempio la Francia. Gli altri Stati UE (Francia in primis) ritengono invece che quel permesso “umanitario” non basti e che i migranti con permesso possano varcare il confine e arrivare sul loro territorio solo se possiedono una serie di requisiti (es. un reddito minimo). Requisiti che chi ha con sé solo i propri vestiti non può certo soddisfare.

Qui la questione si fa controversa. Da un lato la Francia sembrerebbe avere ragione, in quanto il permesso umanitario garantirebbe solo la circolazione e il soggiorno all’interno dello Stato che ha fornito tale permesso (almeno questo è quel che pare dalla lettura dell’art. 5.4.c regolamento 562/2006, che sul punto non è affatto chiaro). Dall’altro lato, però, ha ragione l’Italia dicendo che la Francia non può vietare ai migranti con il permesso umanitario di varcare il confine, in quanto i controlli alle frontiere interne (fra gli Stati dell’UE) sono stati aboliti (come appare chiaro e inequivocabile dagli artt. 1 e 20 regolamento 562/2006) per qualsiasi categoria di persona (cittadini UE e di Stati terzi).

L’unico modo attraverso cui la Francia potrebbe respingere i migranti con permesso umanitario sarebbe ritenere il loro arrivo sul territorio francese una “minaccia grave” all’ordine pubblico (art. 23 regolamento 562/2006). Infatti, solo così potrebbero essere ristabilite temporaneamente le verifiche al confine e quindi la possibilità di applicare alla lettera (anche se dubbia) l’art. 5.4.c del regolamento 562/2006 che prevede che i titolari di permesso umanitario possano soggiornare solo nello Stato che ha dato il permesso stesso. Tuttavia, parlare di grave minaccia all’ordine pubblico sarebbe senza dubbio pretestuoso ed ecco perché da qualche giorno la Francia sta facendo entrare i migranti con permesso umanitario. In definitiva, la vaghezza della disposizione a cui si aggrappava la Francia fino a qualche giorno fa, accompagnata alle tutt’altro che vaghe disposizioni che vietano controlli alle frontiere fra i Paesi membri della UE, fa pendere la ragione un po’ di più dalla parte dell’Italia.

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