domenica 3 aprile 2016

Mediterraneo, lo specchio dell'Altro



Questo è il contributo degli studenti della 3^ classe di italiano del Liceo di Manouba (Tunisi), degli studenti della 2^A dell'IIS "Falcone-Righi" e degli insegnanti Hela Loukil Laroui e Giuseppa Conti con cui ho collaborato alla la realizzazione di un progetto promosso dal CIPMO, il Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente, per favorire l'incontro, la conoscenza fra studenti e insegnanti delle scuole dei Paesi che si affacciano sulle sponde del Mediterraneo.



Gli studenti si presentano e incominciano la loro convivenza nella Città della Pace su un'isola del Mediterraneo dove ci sono
- la Via della Musica,
- la Via della Prosa e della Poesia,
- la Via del Cinema,
- la Via della Mostra di Immagini e Fotografie.

Si cucina per tutti al Ristorante del Mediterraneo, e ci si riposa, a missione compiuta, dopo aver visto un'ultima sfilata di moda, in una deliziosa casa colorata.

Per una visualizzazione ottimale del PREZI è consiliato l'uso della funzione "schermo intero".






giovedì 21 gennaio 2016

Il caos siriano: Stati Uniti d'America


Durante le vacanze invernali i miei studenti ed io abbiamo provato a mettere un po' di ordine nelle vicende attuali che riguardano la lotta allo Stato Islamico della Siria e del Levante. Ci siamo divisi i compiti, in modo tale che fossero analizzate le posizioni di ciascun protagonista della guerra in atto.



Dopo la fine della Guerra Fredda gli Stati Uniti sono stati a lungo l’unica potenza a governare quello che loro chiamano l’ordine mondiale (ma dagli effetti devastanti di questo governo, sarebbe meglio chiamarlo il disordine mondiale).

In Medio Oriente (senza parlare di ciò che è successo in Afghanistan), oltre a sostenere in modo incondizionato l’espansionismo di Israele, hanno

  • sostenuto l’Iraq di Saddam Hussein per combattere l’Iran di Khomeini (1980-88);
  • combattuto contro l’Iraq di Saddam Hussein che aveva invaso il Kuwait (1990-91);
  • occupato l’Iraq per rovesciare Saddam Hussein, uccidendolo, perché accusato di sostenere Al Qaeda e possedere armi di distruzione di massa, e per “esportare la democrazia” (2003-11).


Queste sono le immagini che trasmettevano le TV americane e che rimbalzavano su tutti i media del mondo: 
una rappresentazione che ha trasformato la guerra in un videogioco surreale. 

L’Iraq non possedeva armi di distruzione di massa e non sosteneva Al Qaeda. A posteriori tutti quelli che hanno fatto parte della coalizione anti-Saddam hanno riconosciuto l’errore di quella guerra, anche perché ha gettato l’Iraq nel caos degli attacchi terroristici e del radicalismo islamico, favorendo la nascita dell’ISIS, nata proprio da ex militari iracheni di Saddam Hussein.

Gli Stati Uniti hanno sostenuto (e sostengono) i ribelli anti-Assad in Siria (sempre per “esportare la democrazia”), favorendo in questo modo la crescita del cancro ISIS. Fino a che le azioni dell’ISIS sono rimaste confinate in Medio Oriente e i profughi riguardavano solo l’Italia e marginalmente gli altri Paesi, nessuno sembra dare reale importanza al radicalismo islamico.

Poi le cose sono cambiate: gli attentati di Parigi del 13 novembre 2015 hanno segnato la svolta. Adesso si cercano alleanze anti-ISIS e si scopre che ogni protagonista della coalizione vi partecipa con prospettive differenti:

  • gli USA comunque si concentrano sul rovesciamento di Assad con la coalizione guidata dall’Arabia Saudita;
  • la Russia, rientrata di prepotenza nello scenario mondiale, punta al sostegno di Assad con la coalizione guidata dall’Iran.



E questo è l'ultimo post sul caos siriano. Fin qui si è parlato di Siria, di Iran, di Turchia, di Iraq, di Arabia Saudita, di ISIS, di Hezbollah, di Francia e Gran Bretagna, Russia, Italia, di Al Qaeda e dei curdi.


martedì 19 gennaio 2016

Il caos siriano: il popolo curdo


Durante le vacanze invernali i miei studenti ed io abbiamo provato a mettere un po' di ordine nelle vicende attuali che riguardano la lotta allo Stato Islamico della Siria e del Levante. Ci siamo divisi i compiti, in modo tale che fossero analizzate le posizioni di ciascun protagonista della guerra in atto.

Quest'articolo è la fusione di quanto scritto da Raffaella Sollima e Yordan Malyov.



I curdi sono un gruppo etnico indoeuropeo che abita un territorio compreso negli attuali stati di Iran, Iraq, Siria, Turchia e in misura minore Armenia. L'area è a volte indicata col termine Kurdistan. Si stima che i curdi siano fra 35 e 40 milioni e quindi costituiscono uno dei più grandi gruppi etnici privi di unità nazionale. Per oltre un secolo molti curdi hanno cercato di ottenere la creazione di un Kurdistan indipendente o perlomeno autonomo, con mezzi sia politici sia militari. Tuttavia i governi degli stati che ospitano un numero significativo di curdi si sono sempre opposti attivamente all'idea di uno Stato curdo. Essi hanno subito persecuzioni, deportazioni, discriminazioni e massacri, fino al tentativo di genocidio con armi chimiche.

Immagine dal film "I fiori di kirkuk", sul dramma curdo nell'Iraq di Saddam Hussein

Storicamente, dopo un’epoca di sostanziale convivenza siriano-curda, l’avvento al potere in Siria del partito Baas nel 1960 (allora era salito al potere il padre dell’attuale leader siriano) ha portato a una progressiva arabizzazione del paese, eliminando i diritti identitari e linguistici dei curdi, arrivando a revocare la cittadinanza siriana a 300 mila componenti del gruppo nazionale curdo.

Allo scoppio delle prime proteste della primavera araba a Damasco, tuttavia, si è venuta a creare una strana ‘tregua’ tra il governo di Bashar al-Assad e la comunità curda: non si tratta ovviamente di un appoggio diretto dei movimenti curdi al dittatore siriano, ma quanto più di un avvicinamento dovuto alla necessità di mutua protezione. Ad Assad, infatti, interessa mantenere un controllo su di un’area geopoliticamente strategica come quella del nord-est del paese, ricca di petrolio e chiusa in un triangolo di frontiera con Iraq e Turchia, mentre molti curdi temono la creazione dello Stato islamico, centralizzato e autoritario (ancor più autoritario di quello di Assad). E proprio per questi motivi Assad ha immediatamente restituito la cittadinanza siriana ai curdi siriani.

Nel nord della Siria (ma anche in Iraq c’è qualcosa di analogo) si è creata una regione autonoma dove si trovano tra i due e i quattro milioni di persone: curdi, arabi, cristiani e centinaia di migliaia di profughi arrivati dal resto della Siria e dall’Iraq. I politici che governano questo territorio raccontano a chiunque sia disposto ad ascoltarli che il loro obiettivo non è l’indipendenza. Non vogliono una Siria divisa, ma vogliono essere “principi a casa loro”. Il futuro che immaginano è quello di una Siria federale, in cui sia garantita la loro autonomia.

Alcune delle vittorie contro l’ISIS sono state ottenute proprio dai curdi:

  • in Siria l’YPG (il braccio armato del partito per l’indipendenza curda in Siria) ha respinto l’attacco contro Kobane e nei mesi successivi è riuscito a riconquistare gran parte del nord della Siria, tagliando via l’ISIS dalle sue linee di rifornimento con la Turchia;
  • in Iraq i Peshmerga (l’equivalente dello YPG in Iraq) sono riusciti a minacciare la principale strada che l’ISIS usa per comunicare con la Siria, oltre ad aver guadagnato terreno lungo tutto il loro esteso fronte.

Questo non significa che i curdi siano disposti a combattere l’ISIS ovunque e in ogni momento. In Siria, ad esempio, l’avanzata dei curdi si è fermata a circa cento chilometri di distanza da Raqqa, la capitale dell’ISIS, perché lì la popolazione è a maggioranza araba.

I combattenti curdi ricevono armi, finanziamenti, addestramento dall’Occidente (Italia compresa), perché sono gli unici che combattono l’ISIS da terra.

La Turchia ha un comportamento molto ambiguo:

  • ha sostenuto i ribelli siriani anti-Assad (in chiave anti-iraniana e anti-curda), e quindi anche l’ISIS
    concentra tutti i suoi sforzi contro il PKK (l’equivalente di YPG siriani e dei Peshmerga iracheni in Turchia) per impedire la nascita della nazione curda,
  • contemporaneamente ha concesso la base aeree di Incirlik agli aerei americani per migliorare la capacità americana di bombardare l’ISIS.



Si è già parlato di Siria, di Iran, di Turchia, di Iraq, di Arabia Saudita, di ISIS, di Hezbollah, di Francia e Gran Bretagna, Russia, Italia e di Al Qaeda.

L'ultimo protagonista che sarà considerato nel prossimo post sono gli Stati Uniti d'America.

domenica 17 gennaio 2016

Il caos siriano: Al Qaeda


Durante le vacanze invernali i miei studenti ed io abbiamo provato a mettere un po' di ordine nelle vicende attuali che riguardano la lotta allo Stato Islamico della Siria e del Levante. Ci siamo divisi i compiti, in modo tale che fossero analizzate le posizioni di ciascun protagonista della guerra in atto.

Quest'articolo è stato scritto da Michele Odierna.



È l’organizzazione legata al fondamentalismo islamico fondata nel 1988 da Osama Bin Laden, un saudita proveniente da una famiglia ricchissima.


Inizialmente ha finanziato e appoggiato la ribellione dei combattenti talebani (=mujahidin) in Afghanistan contro l’invasione Sovietica, e quindi è stato alleato degli USA.

Con la fine dell’invasione sovietica dell’Afghanistan (1989), Bin Laden è diventato acerrimo nemico dell’Occidente, tanto da essere il mandante dell’attacco alle Torri Gemelle a New York (11 settembre 2001).


Questa organizzazione non ha uno Stato di riferimento, ma è costituita da numerose cellule sparse, soprattutto nei paesi islamici, e interpreta il proprio ruolo contro il mondo occidentale, dove ha compiuto numerosi attentati (Londra, Madrid, e molti altri).

L’organizzazione terroristica è sopravvissuta alla morte di Osama Bin Laden, avvenuta nel 2011 al termine di un blitz organizzato dai servizi segreti americani. Oggi il suo leader è Ayman al-Zawahiri.


Facevano parte di Al Qaeda gli attentatori alla sede della rivista satirica Charlie Hebdo a Parigi (7 gennaio 2015), anche se l’attentato è stato rivendicato dall’ISIS.


Le principali differenze fra ISIS e Al Qaeda:

  • Al Qaeda non ha un suo territorio, ISIS ha uno Stato e tende ad ampliare i suoi confini;
  • il principale nemico di Al Quaeda è l’Occidente, per l’ISIS sono i suoi vicini (che sono paesi islamici);
  • gli attentati di Al Qaeda in Occidente sono rivolti contro l’Occidente stesso, quelli di ISIS hanno lo scopo propagandistico, per attrarre giovani combattenti che vivono in occidente (=foreign fighters).
Le cellule di Al Qaeda in Siria sono state aspramente combattute dall’ISIS, e sempre più nel mondo, coloro che facevano riferimento ad Al Qaeda si muovono oggi sotto il brand dell’ISIS.



Si è già parlato di Siria, di Iran, di Turchia, di Iraq, di Arabia Saudita, di ISIS, di Hezbollah, di Francia e Gran Bretagna, Russia e Italia.

Gli altri protagonisti che saranno considerati nei prossimi post sono:

  • il popolo curdo
  • USA

Il caos siriano: Italia


Durante le vacanze invernali i miei studenti ed io abbiamo provato a mettere un po' di ordine nelle vicende attuali che riguardano la lotta allo Stato Islamico della Siria e del Levante. Ci siamo divisi i compiti, in modo tale che fossero analizzate le posizioni di ciascun protagonista della guerra in atto.

Quest'articolo è stato scritto da Valerio Guida.



I principali interessi italiani sono in Libia, per questo motivo la politica estera è segnata principalmente dalla soluzione del caos libico che è seguito alla caduta di Gheddafi nel 2011 (provocato dagli attacchi francesi, inglesi e italiani).

È stato siglato l’accordo per la nascita di una ampia coalizione di governo in Libia seguita alla Conferenza di Roma del 13 dicembre 2015, in chiave anti-ISIS che è attiva anche in Libia. I negoziati sono stati condotti dall’Italia, con il favore dell’ONU, degli USA e della Russia.

Invece l’Italia non ha raccolto l’esortazione di Hollande, dopo gli attentati del 13 novembre 2015 a Parigi, a bombardare la Siria, sebbene un contingente di mille soldati italiani sia stato inviato a difendere i lavori di un’azienda italiana ad una diga sul fiume Eufrate, la diga di Mosul, in Iraq ai confini con l’ISIS.

La preoccupazione maggiore del capo del governo è quella di stringere accordi economici:


  • Matteo Renzi ha fatto una visita in Arabia Saudita, stringendo mani a sceicchi e principini (che hanno finanziato l'ISIS e che sostengono le milizie contro Bashar al Assad);
  • l’Italia vende armi all’Arabia Saudita: la notizia risale alla mattinata del 19 novembre quando risulta essere atterrato a Riyad un cargo carico di bombe MK-80 fabbricate in Sardegna, partite nei giorni scorsi dall'aeroporto di Cagliari Elmas, si tratterebbe della seconda spedizione nel giro di tre settimane;

L'Arabia Saudita rappresenta uno dei principali clienti della nostra industria militare. Dalle relazioni inviate dal Governo alle Camere si ricava che nel quinquennio 2010-2014 la destinazione principale della vendita di armi è stata il Medio Oriente.

E se in Arabia Saudita sono violati i più basilari principi umani, poco importa. È rimasto inascoltato l’appello di Amnesty International per la sospensione da parte dell'Italia dell'invio di sistemi militari alle forze armate saudite e una chiara presa di posizione sulle violazioni dei diritti umani del governo saudita (mentre l’Unione Europea ha conferito il Premio Sakharov a un blogger saudita, condannato a 10 anni di carcere e a 1000 frustate per reato di opinione).



Si è già parlato di Siria, di Iran, di Turchia, di Iraq, di Arabia Saudita, di ISIS, di Hezbollah, di Francia e Gran Bretagna e Russia.

Gli altri protagonisti che saranno considerati nei prossimi post sono:

  • Al Qaeda
  • il popolo curdo
  • USA

Il caos siriano: Russia


Durante le vacanze invernali i miei studenti ed io abbiamo provato a mettere un po' di ordine nelle vicende attuali che riguardano la lotta allo Stato Islamico della Siria e del Levante. Ci siamo divisi i compiti, in modo tale che fossero analizzate le posizioni di ciascun protagonista della guerra in atto.

Quest'articolo è stato scritto da Michele Scarfò, in arte Dracma.



La Russia è stata rivale degli Stati Uniti al tempo della Guerra Fredda. Successivamente ha subito un grande declino e si è sfilata dagli scenari internazionali.

Con il consolidamento del potere di Putin, sta conoscendo di nuovo rilevanza e si sono innescate delle aree di crisi con l’Occidente, tanto da far rivivere gli scenari della Guerra Fredda:

  • la prima area di crisi è stata l’Ucraina, a causa della quale l’UE e gli USA hanno stabilito delle sanzioni economiche per punire la Russia
  • la seconda area di crisi è il Medio Oriente

infatti, Stati Uniti e Russia si trovano da anni su posizioni opposte nella guerra in Siria:

  • il governo russo è alleato di Bashar al Assad, alleanza che permette a Mosca di mantenere il suo sbocco sul Mediterraneo,
  • mentre gli USA sostengono i ribelli che vogliono rovesciare il regime siriano.


Durante la Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici (COP21) Obama e Putin si sono incontrati e hanno deciso di unire le forze per sconfiggere l’ISIS, ma restano le divergenze sugli scenari che seguiranno la sconfitta dell’ISIS.

Gli interventi militari della Russia che hanno seguito quell’incontro non sono stati solo contro ISIS, ma anche contro i ribelli anti-Assad sostenuti dagli USA; inoltre, il 24 novembre 2015 un aereo russo è stato abbattuto in Turchia dai turchi, che teoricamente dovrebbero essere alleati della Russia contro ISIS. Sono seguite delle pesanti sanzioni economiche della Russia contro la Turchia.



Si è già parlato di Siria, di Iran, di Turchia, di Iraq, di Arabia Saudita, di ISIS, di Hezbollah, di Francia e Gran Bretagna.

Gli altri protagonisti che saranno considerati nei prossimi post sono:

  • Italia
  • Al Qaeda
  • il popolo curdo
  • USA

sabato 16 gennaio 2016

Il caos siriano: Francia e Gran Bretagna


Durante le vacanze invernali i miei studenti ed io abbiamo provato a mettere un po' di ordine nelle vicende attuali che riguardano la lotta allo Stato Islamico della Siria e del Levante. Ci siamo divisi i compiti, in modo tale che fossero analizzate le posizioni di ciascun protagonista della guerra in atto.

Marco Corradi ha scritto sulla Francia, Lorenzo Calandri sulla Gran Bretagna. Li raduno qui perché la storia unisce questi due paesi.



Le motivazioni principali per cui la Francia è una dei protagonisti del caos Siriano sono tre:

  • la prima è di origine storica e risale a circa 100 anni fa, all’accordo Sykes-Picot, che divideva il Medio Oriente tra le potenze coloniali, Francia e Inghilterra, impedendo la nascita della promessa nazione araba. Così ora è l'ISIS (che sta controllando, il petrolio di Mosul), che vuole ridisegnare con violenza i confini, una volta stabiliti da Skyes e Picot;

  • la seconda motivazione è geopolitica. La Francia infatti è uno dei paesi europei, con la Gran Bretagna, che ha deciso di contribuire ai bombardamenti delle postazioni dell'ISIS in Siria e Iraq, dopo gli attentati di Parigi del 13 novembre 2015;
  • la terza e ultima ragione è economica, infatti la Francia, oltre alla vendita negli ultimi cinque anni di armi alla Colombia, Pakistan, Israele e Ciad, durante le Primavere Arabe ha fornito armi a Tunisia, Libia e Bahrain durante i mesi della rivolta.



Come tutti sappiamo la situazione della Siria è critica, e anche la Gran Bretagna ha le sue responsabilità, con radici molto antiche, risalenti alla Prima Guerra Mondiale: il governo inglese ha usato spericolate strategie per vincere la guerra, stipulando gli accordi segreti con i francesi (Sykes-Picot) per la spartizione del Medio Oriente, e pubblicando la dichiarazione Balfour con le promesse agli ebrei, ribaltando il precedente accordo stipulato con Houssein, leader del tentato risorgimento del mondo arabo, provocando non solo liti e guerre tra i paesi arabi ed Israele, ma contribuendo a creare la situazione di degrado e caos più totale in Siria, che paga le conseguenze di una divisione del Medio Oriente fatta con il righello.

Dopo la strage di Parigi del 13 novembre 2015, Francia e Gran Bretagna, che hanno ignorato le innumerevoli stragi fuori dall’Europa e dagli Stati Uniti, hanno deciso un intervento diretto. Il premier conservatore Cameron, su sollecitazione del presidente francese Hollande, ha chiesto al proprio parlamento il via libera per mandare i suoi bombardieri sulla Siria, facendo ancora di più caos ed uccidendo civili. Nonostante il leader dei laburisti fosse contrario, la maggioranza del suo partito ha votato a favore dell’intervento.

Si è già parlato di Siria, di Iran, di Turchia, di Iraq, di Arabia Saudita, di ISIS e di Hezbollah.

Gli altri protagonisti che saranno considerati nei prossimi post sono:

  • Russia
  • Italia
  • Al Qaeda
  • il popolo curdo
  • USA

Il caos siriano: Hezbollah


Durante le vacanze invernali i miei studenti ed io abbiamo provato a mettere un po' di ordine nelle vicende attuali che riguardano la lotta allo Stato Islamico della Siria e del Levante. Ci siamo divisi i compiti, in modo tale che fossero analizzate le posizioni di ciascun protagonista della guerra in atto.

Quest'articolo è la fusione degli articoli scritti da Mattia Contessa e Francesco Sanna



Hezbollah (che significa partito di Dio) è un partito politico sciita fondato nel giugno del 1982 in Libano, che fa riferimento all’Iran (che probabilmente lo sostiene economicamente), dotato di un ala militare addestrata dall’Iran stesso.


All’interno del Libano ha lavorato alla ricostruzione dopo le varie incursioni e bombardamenti israeliani, è attivo in campo sociale, gestendo una serie di attività ed istituzioni che forniscono istruzione, assistenza sanitaria e sostegno economico alle famiglie meno abbienti. Uno Stato nello Stato.

In politica estera è alleato della Siria di Assad e ha sposato la causa palestinese, mentre è avversario di Israele e delle potenze occidentali che hanno interessi economici in Libano.

Hezbollah combatte a fianco dell’esercito siriano contro gli oppositori al regime di Assad (e quindi anche contro l’ISIS). Questa lotta viene definita per la sopravvivenza, infatti se dovesse cadere il potere alawita in Siria, si determinerebbe una discontinuità territoriale tra il Libano e l’Iran con un conseguente danneggiamento del rifornimento militare proveniente da Teheran.

In questo modo ne risulterebbe indebolito lo stesso regime iraniano e questo ridurrebbe direttamente il peso di Hezbollah.


I leader alleati. Da sinistra Nasrallah (Hezbollah), Rouhani (Iran), Assad (Siria), Putin (Russia)



Si è già parlato di Siria, di Iran, di Turchia, di Iraq, di Arabia Saudita e di ISIS.

Gli altri protagonisti che saranno considerati nei prossimi post sono:

  • Francia
  • Gran Bretagna
  • Russia
  • Italia
  • Al Qaeda
  • il popolo curdo
  • USA



venerdì 15 gennaio 2016

Il caos siriano: ISIS

Durante le vacanze invernali i miei studenti ed io abbiamo provato a mettere un po' di ordine nelle vicende attuali che riguardano la lotta allo Stato Islamico della Siria e del Levante. Ci siamo divisi i compiti, in modo tale che fossero analizzate le posizioni di ciascun protagonista della guerra in atto.

Quest'articolo è stato scritto da Francesca Veneziano.


Per non contribuire in nessun modo alla propaganda dell'ISIS, pubblico solo una foto che rappresenta il dramma dei profughi in fuga dalla guerra.



ISIS (o Daesh in arabo) è una sigla che indica lo Stato Islamico della Siria e del Levante, il nucleo del nascente califfato, guidato da Abu Bakr al-Baghdadi che si è autoproclamato Califfo, con l’intenzione di ampliare il suo territorio fino a ricreare quella che fu l'estensione del califfato omayyade nell'ottavo secolo d.C.

Per realizzare questo progetto è in possesso di armamenti pesanti, che provengono sia dall'acquisto, sia dalle razzie che gli stessi mettono in atto dopo gli attacchi a città e basi militari.

Col passare del tempo è diventato sempre più forte militarmente e ricco, grazie

  • al pagamento dei riscatti dei sequestri di persone che compie,
  • a un forte finanziamento che deriva dal Qatar (dove ci sarebbero le casse dello Stato Islamico),
  • alla vendita di petrolio,
  • allo sfruttamento dell'immigrazione clandestina, il traffico di uomini
  • al contrabbando di reperti archeologici.

All’interno del territorio l’ISIS applica la legge coranica (Shari’a), infliggendo pene terribili a chi non rispetta i dettami e agli oppositori, ma comunque amministrando il proprio territorio. Non regna l’anarchia.

All’esterno l’ISIS è contro tutti, e tutti sono contro l’ISIS, ma di fatto le divisioni interne al fronte anti-ISIS impedisce di contrastare efficacemente lo Stato Islamico.

I combattenti dello Stato islamico sono reclutati:

  • sul luogo, avvalendosi della popolazione locale, che viene convertita all’islam radicale;
  • fra i giovani di tutto il mondo, facendo una sapiente propaganda con l’utilizzo dei social-network, attraendo i cosiddetti foreign fighters, attratti dall’utopia del califfato ‘arrabbiati’ contro l’Occidente, che assegna agli immigrati di seconda o terza generazione un ruolo marginale.

I giovani stranieri arrivano nello Stato Islamico, in Siria o in Iraq, sono addestrati, indottrinati (il lavaggio del cervello è così forte che vengono convinti a compiere azioni suicide) e in alcuni casi ritornano al loro paese, dove compiono azioni terroristiche molto eclatanti, che aumentano e alimentano la propaganda.

Il “marchio” ISIS è talmente forte che altri gruppi jihadisti sparsi per il mondo, che prima agivano sotto il “marchio” Al Qaeda, si sono affiliati all’ISIS, proclamando fedeltà al califfo: il Libia, in Egitto, in Tunisia, nelle Filippine.



Si è già parlato di Siria, di Iran, di Turchia, di Iraq e di Arabia Saudita.

Gli altri protagonisti che saranno considerati nei prossimi post sono:

  • Hezbollah
  • Francia
  • Gran Bretagna
  • Russia
  • Italia
  • Al Qaeda
  • il popolo curdo
  • USA

Il caos siriano: Arabia Saudita


Durante le vacanze invernali i miei studenti ed io abbiamo provato a mettere un po' di ordine nelle vicende attuali che riguardano la lotta allo Stato Islamico della Siria e del Levante. Ci siamo divisi i compiti, in modo tale che fossero analizzate le posizioni di ciascun protagonista della guerra in atto.

Quest'articolo è stato scritto da Ward Fadl.



L’Arabia Saudita rivendica un ruolo di guida nel mondo sunnita, in contrapposizione con l’Iran sciita.

Durante la primavera araba siriana l’Arabia Saudita ha appoggiato e armato i movimenti estremisti sunniti islamici per due motivi:
  • per rovesciare Assad, alleato di Teheran;
  • per impedire la nascita di una democrazia, che poteva sfuggire al controllo Saudita (come era avvenuto in Tunisia)

Le milizie dell’autoproclamatosi califfo al-Baghdadi hanno goduto di un indiretto ma decisivo supporto di Riyad (mai rivendicato, ma neppure smentito), perché i sauditi pensavano che sarebbero stati loro a capo dello stato islamico, ma quando hanno capito che non sarebbe stato così hanno deciso di schierarsi contro lo Stato Islamico, al fianco dell’Occidente, perché ormai temono il furore jihadista.

Su sollecitazione del presidente statunitense Barack Obama, Riyad ha annunciato la costituzione di una nuova alleanza militare islamica per combattere il terrorismo di matrice jihadista. La coalizione è formata da 34 Paesi del Golfo, del Medio Oriente, dell’Africa e dell’Asia. Tutti i 34 Stati membri appartengono all’OIC, Organizzazione della Cooperazione Islamica.


Più che i partecipanti spiccano però soprattutto gli assenti. Non sono stati coinvolti i governi di Siria e Iraq – vale a dire i Paesi in cui andranno a concentrarsi i principali sforzi militari della coalizione contro ISIS – così come l’Iran, bastione del mondo sciita in Medio Oriente. Si tratta di assenze significative che, di fatto, riflettono le reali intenzioni dell’Arabia Saudita con questa mossa, ossia consolidare la propria posizione di Paese dominante nello scacchiere dell’islam sunnita nello scontro con gli sciiti.

E ora Riyad fa anche parte della coalizione anti-ISIS che si è ufficialmente formata a Parigi, a cui partecipano anche i Paesi occidentali, ma non l’Iran e la Siria.



Si è già parlato di Siria, di Iran, di Turchia e di Iraq.

Gli altri protagonisti che saranno considerati nei prossimi post sono:

  • ISIS
  • Hezbollah
  • Francia
  • Gran Bretagna
  • Russia
  • Italia
  • Al Qaeda
  • il popolo curdo
  • USA

Il caos siriano: Iraq

Durante le vacanze invernali i miei studenti ed io abbiamo provato a mettere un po' di ordine nelle vicende attuali che riguardano la lotta allo Stato Islamico della Siria e del Levante. Ci siamo divisi i compiti, in modo tale che fossero analizzate le posizioni di ciascun protagonista della guerra in atto.

Quest'articolo è la fusione degli articoli scritti da Gianluca Sergi e Lorenzo Matera



Nel 2003 a causa dell’occupazione dell’Iraq da parte degli americani e dell’abbattimento del regime sunnita di Saddam Houssein, il governatore dell’Iraq imposto dagli USA emanò un decreto che prevedeva lo scioglimento dell’esercito iracheno.

Il 28 giugno 2004 si instaurò un nuovo governo provvisorio iracheno, presieduto da uno sciita con il compito di preparare lo svolgimento di nuove elezioni e di redigere la nuova carta costituzionale.

Nella comunità sunnita, che svolgeva un ruolo marginale nel processo di transizione, si rafforzò intanto un'ala radicale (costituita principalmente da ex-militari di Saddam Houssein) che cominciò a combattere contro gli statunitensi e contro il nuovo governo sciita, con lo scopo di riprendere il potere in Iraq: intensificò la sua offensiva terroristica, con migliaia di attentati mortali e di atti di sabotaggio.


In un clima di terrore si svolsero le elezioni nel 2005, ma nel 2006 l’organizzazione di ex-militari iracheni si unì ad altri quattro gruppi di ribelli e venne annunciata la fondazione dello Stato islamico dell’Iraq, ISI.

Nel 2011, nel caos creato dalla guerra civile siriana, lo Stato Islamico ha occupato militarmente anche parte della Siria, e nel 2012 è nato lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante.

L’esercito regolare iracheno, addestrato dagli USA, sta portando degli attacchi all’ISIS e il 27 dicembre, pochi giorni fa, ha ripreso la città di Ramadi, che si trova a 100 km dalla capitale.



Si è già parlato di Siria, di Iran e di Turchia.

Gli altri protagonisti che saranno considerati nei prossimi post sono:
  • Arabia Saudita
  • ISIS
  • Hezbollah
  • Francia
  • Gran Bretagna
  • Russia
  • Italia
  • Al Qaeda
  • il popolo curdo
  • USA

giovedì 14 gennaio 2016

Il caos siriano: Turchia


Durante le vacanze invernali i miei studenti ed io abbiamo provato a mettere un po' di ordine nelle vicende attuali che riguardano la lotta allo Stato Islamico della Siria e del Levante. Ci siamo divisi i compiti, in modo tale che fossero analizzate le posizioni di ciascun protagonista della guerra in atto.

Quest'articolo è la fusione degli articoli scritti da Shanej Ebru e Martina Raiola.



La Turchia, che dopo il 1924 ha avuto una connotazione fortemente laica, si sta spostando verso la trasformazione in stato religioso sunnita. Il presidente Erdoğan, che appartiene ai Fratelli mussulmani ha mire egemoniche sulla regione mediorientale e vorrebbe ricostituire il califfato ottomano, esperienza che si era conclusa alla fine della I Guerra Mondiale.

Questo paese ha giocato un ruolo di primo piano nella guerra civile siriana, ed è forse il Paese che ha avuto l’atteggiamento più ambiguo nella crisi.

In una regione a cavallo tra l’Iraq, l'Iran, la Siria e la Turchia si estende un’area popolata da una maggioranza curda, un popolo senza terra, che conserva una grande aspirazione all’unità in uno stato con frontiere proprie.


I curdi hanno creato una regione autonoma in Iraq, e in Siria e sono molto attivi militarmente nel conflitto contro l’ISIS (sono gli unici che combattono da terra). Il governo turco ritiene che se i curdi contribuiranno a fermare l’ISIS, poi rivendicheranno l’autonomia anche in Turchia.

Secondo alcuni analisti, il vero obiettivo di Ankara nel partecipare alla coalizione anti-ISIS è proprio quello di combattere i curdi, per impedire il rafforzamento del PKK, un movimento politico-militare che ha combattuto un’insurrezione contro il governo turco.

Ankara, inoltre, mira ad indebolire l’asse sciita (Iran-Iraq-Siria-Libano), e per questo ha appoggiato i ribelli sunniti anti-Assad in Siria (ISIS compreso). La Turchia sperava che il regime siriano cadesse prima che la Siria sprofondasse al punto tale che i curdi conquistassero l’autonomia riaccendendo la questione curda in Turchia.

Ma questo non è successo, e ora la Turchia si ritrova al fianco dell’Occidente a combattere lo Stato islamico, che una volta aiutava, anche perché si sente minacciata.



Si è già parlato di Siria e di Iran

Gli altri protagonisti che saranno considerati nei prossimi post sono:

  • Iraq
  • Arabia Saudita
  • ISIS
  • Hezbollah
  • Francia
  • Gran Bretagna
  • Russia
  • Italia
  • Al Qaeda
  • il popolo curdo
  • USA

Il caos siriano: Iran

Durante le vacanze invernali i miei studenti ed io abbiamo provato a mettere un po' di ordine nelle vicende attuali che riguardano la lotta allo Stato Islamico della Siria e del Levante. Ci siamo divisi i compiti, in modo tale che fossero analizzate le posizioni di ciascun protagonista della guerra in atto.

Quest'articolo è stato scritto da Suran Gassemi




L’Iran sciita ha mire egemoniche nella regione mediorientale:

  • i suoi alleati sono i paesi con governi sciiti (la Siria di Assad, l’Iraq del dopo-Hussein, gli Hezbollah libanesi);
  • i suoi avversari nella regione sono Israele e i paesi con governi sunniti, e sopra tutti l’Arabia Saudita e la Turchia;

L’Iran è stato messo all’angolo dalle sanzioni economiche dell’Occidente, avviate nel 2007, perché il governo era stato accusato di voler armarsi di ordigni nucleari. Dopo le recenti elezioni, con l’ascesa al potere di Rouhani, si è avviato il disgelo fra Iran e USA e sono in atto dei colloqui per togliere le sanzioni all’Iran.

Il Medio Oriente è il luogo in cui si confrontano, ancora, USA e Russia. I paesi sunniti dell’area sono alleati USA, quelli sciiti sono alleati della Russia.

Nella crisi siriana
  • l’Iran e la Russia sostengono Assad contro tutti gli oppositori del regime, ISIS compreso;
  • i paesi sunniti e l’Occidente sostengono i ribelli siriani contro l’ISIS e contro Assad.

Questa divergenza rende complicata la creazione di un fronte unitario anti-ISIS (reso esplicito dall’abbattimento dell’aereo russo in Turchia), e tuttavia è indispensabile l’apporto dell’Iran nella lotta all’ISIS.

La popolazione siriana, a maggioranza sunnita, è stretta nella morsa di ISIS e di Assad.



Si è già parlato di Siria

Gli altri protagonisti che saranno considerati nei prossimi post sono:

  • Turchia
  • Iraq
  • Arabia Saudita
  • ISIS
  • Hezbollah
  • Francia
  • Gran Bretagna
  • Russia
  • Italia
  • Al Qaeda
  • il popolo curdo
  • USA

Il caos siriano: Siria


Durante le vacanze invernali i miei studenti ed io abbiamo provato a mettere un po' di ordine nelle vicende attuali che riguardano la lotta allo Stato Islamico della Siria e del Levante. Ci siamo divisi i compiti, in modo tale che fossero analizzate le posizioni di ciascun protagonista della guerra in atto.



Partiamo dunque dalla Siria, il cuore del problema.


Il paese non è ricco di risorse, ma si trova in posizione strategica fra i paesi ricchi di petrolio e l’Europa, e si affaccia sul Mediterraneo.

Al potere c’è Bashar al Assad, un alawita (una setta dello sciismo). Il suo governo è sostenuto dall’Iran sciita, dalla Russia di Putin che ha delle basi militari sulla costa siriana, l’unico affaccio sul Mediterraneo, e dagli Hezbollah libanesi.

Il paese, governato da uno sciita, è a maggioranza sunnita, e comprende anche il 10% di cristiani e la popolazione curda. Assad, al potere per discendenza, non è stato eletto e ha una forte opposizione interna sunnita. Egli ha represso nel sangue la rivolta siriana, inasprendo il confitto interno, scatenando una vera e propria guerra civile, che è ancora in corso, e che ha provocato l’esodo di 11 milioni di persone.

A fianco della ribellione sunnita della ‘primavera’ siriana si sono trovati l’Occidente con in testa gli USA, l’Arabia Saudita (e anche EAU, e Qatar) e la Turchia, che l’hanno sostenuta.

È in questo quadro caotico che nasce l’ISIS, lo Stato Islamico della Siria e del Levante, su un territorio a cavallo fra Siria e Iraq, che si propone di espandersi per rifondare la nazione araba, il califfato, cancellato dall’accordo Sykes-Picot. Tutti i paesi dichiarano di voler ostacolare questo piano, ma interessi particolari, divisioni interne e distinguo, di fatto, permettono la sua sopravvivenza.

Gli altri protagonisti che saranno considerati nei prossimi post sono:

  • Iran
  • Turchia
  • Iraq
  • Arabia Saudita
  • ISIS
  • Hezbollah
  • Francia
  • Gran Bretagna
  • Russia
  • Italia
  • Al Qaeda
  • il popolo curdo
  • USA