martedì 19 gennaio 2016

Il caos siriano: il popolo curdo


Durante le vacanze invernali i miei studenti ed io abbiamo provato a mettere un po' di ordine nelle vicende attuali che riguardano la lotta allo Stato Islamico della Siria e del Levante. Ci siamo divisi i compiti, in modo tale che fossero analizzate le posizioni di ciascun protagonista della guerra in atto.

Quest'articolo è la fusione di quanto scritto da Raffaella Sollima e Yordan Malyov.



I curdi sono un gruppo etnico indoeuropeo che abita un territorio compreso negli attuali stati di Iran, Iraq, Siria, Turchia e in misura minore Armenia. L'area è a volte indicata col termine Kurdistan. Si stima che i curdi siano fra 35 e 40 milioni e quindi costituiscono uno dei più grandi gruppi etnici privi di unità nazionale. Per oltre un secolo molti curdi hanno cercato di ottenere la creazione di un Kurdistan indipendente o perlomeno autonomo, con mezzi sia politici sia militari. Tuttavia i governi degli stati che ospitano un numero significativo di curdi si sono sempre opposti attivamente all'idea di uno Stato curdo. Essi hanno subito persecuzioni, deportazioni, discriminazioni e massacri, fino al tentativo di genocidio con armi chimiche.

Immagine dal film "I fiori di kirkuk", sul dramma curdo nell'Iraq di Saddam Hussein

Storicamente, dopo un’epoca di sostanziale convivenza siriano-curda, l’avvento al potere in Siria del partito Baas nel 1960 (allora era salito al potere il padre dell’attuale leader siriano) ha portato a una progressiva arabizzazione del paese, eliminando i diritti identitari e linguistici dei curdi, arrivando a revocare la cittadinanza siriana a 300 mila componenti del gruppo nazionale curdo.

Allo scoppio delle prime proteste della primavera araba a Damasco, tuttavia, si è venuta a creare una strana ‘tregua’ tra il governo di Bashar al-Assad e la comunità curda: non si tratta ovviamente di un appoggio diretto dei movimenti curdi al dittatore siriano, ma quanto più di un avvicinamento dovuto alla necessità di mutua protezione. Ad Assad, infatti, interessa mantenere un controllo su di un’area geopoliticamente strategica come quella del nord-est del paese, ricca di petrolio e chiusa in un triangolo di frontiera con Iraq e Turchia, mentre molti curdi temono la creazione dello Stato islamico, centralizzato e autoritario (ancor più autoritario di quello di Assad). E proprio per questi motivi Assad ha immediatamente restituito la cittadinanza siriana ai curdi siriani.

Nel nord della Siria (ma anche in Iraq c’è qualcosa di analogo) si è creata una regione autonoma dove si trovano tra i due e i quattro milioni di persone: curdi, arabi, cristiani e centinaia di migliaia di profughi arrivati dal resto della Siria e dall’Iraq. I politici che governano questo territorio raccontano a chiunque sia disposto ad ascoltarli che il loro obiettivo non è l’indipendenza. Non vogliono una Siria divisa, ma vogliono essere “principi a casa loro”. Il futuro che immaginano è quello di una Siria federale, in cui sia garantita la loro autonomia.

Alcune delle vittorie contro l’ISIS sono state ottenute proprio dai curdi:

  • in Siria l’YPG (il braccio armato del partito per l’indipendenza curda in Siria) ha respinto l’attacco contro Kobane e nei mesi successivi è riuscito a riconquistare gran parte del nord della Siria, tagliando via l’ISIS dalle sue linee di rifornimento con la Turchia;
  • in Iraq i Peshmerga (l’equivalente dello YPG in Iraq) sono riusciti a minacciare la principale strada che l’ISIS usa per comunicare con la Siria, oltre ad aver guadagnato terreno lungo tutto il loro esteso fronte.

Questo non significa che i curdi siano disposti a combattere l’ISIS ovunque e in ogni momento. In Siria, ad esempio, l’avanzata dei curdi si è fermata a circa cento chilometri di distanza da Raqqa, la capitale dell’ISIS, perché lì la popolazione è a maggioranza araba.

I combattenti curdi ricevono armi, finanziamenti, addestramento dall’Occidente (Italia compresa), perché sono gli unici che combattono l’ISIS da terra.

La Turchia ha un comportamento molto ambiguo:

  • ha sostenuto i ribelli siriani anti-Assad (in chiave anti-iraniana e anti-curda), e quindi anche l’ISIS
    concentra tutti i suoi sforzi contro il PKK (l’equivalente di YPG siriani e dei Peshmerga iracheni in Turchia) per impedire la nascita della nazione curda,
  • contemporaneamente ha concesso la base aeree di Incirlik agli aerei americani per migliorare la capacità americana di bombardare l’ISIS.



Si è già parlato di Siria, di Iran, di Turchia, di Iraq, di Arabia Saudita, di ISIS, di Hezbollah, di Francia e Gran Bretagna, Russia, Italia e di Al Qaeda.

L'ultimo protagonista che sarà considerato nel prossimo post sono gli Stati Uniti d'America.

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